Il nuovo Carabba subacqueo familiare

di Fulvio Paloscia

ENZO Fileno Carabba ha scritto il libro di una vita. E della vita. Perché dietro l’incantato (e incantevole) protagonista – io narrante di La zia subacquea e altri abissi famigliari (Mondadori) c’è dichiarata autobiografia. E perché questo romanzo è davvero il più maturo ma anche irrituale e iconoclasta ad essere mai uscito dall’ironicissimo e stupefatto laboratorio dello scrittore fiorentino. Che sempre più somiglia ad un Dottor Calligari (certo più pacifico di quello del film) capace di annodare diversissimi fili letterari (dal Bildungsroman al romanzo d’educazione sentimentale alla fantascienza fino alla letteratura per ragazzi) ma anche di giocare abilmente con finzione e realtà. E mai, forse, i suoi “romanzi-sottomarini” sono riusciti a scandagliare con tanta potenza i fondali più oscuri dell’esistenza, come questo. Anche se qui il reale prevale con maggiore forza rispetto al passato, comunque incorniciato da quei magici sfasamenti temporali chiamati ricordi, parola bella ma anche scomoda per il suo portato nostalgico. Carabba, infatti, preferisce definirli «messaggeri. Ho sempre pensato — racconta — che i ricordi non siano di particolare interesse rispetto alla pulsione fantastica, per me davvero sinonimo di scavo. Il ricordo mi riporta alla mente Pontiggia, che parlava con fastidio degli scrittori dalla memoria inarrestabile, quelli che ti spingono a pensare “Ma chi lo ferma questo qui? Chi gli spara?”. Però poi certi episodi della vita hanno preso a tornarmi alla mente come se fossero entità aliene che avevano importanti cose da spiegarmi sulla vita. Gurdjeff diceva che il cocchiere e cavallo non parlano lo stesso linguaggio, eppure devono capirsi, ascoltarsi. E, aggiunge, tutti noi siamo sia cocchiere che cavallo. Ecco, io ho ascoltato questi ricordi insistenti come se fossero il mio cavallo. Poi Gurdjeff disserta anche su una carrozza. Ma quello non l’ho capito… ».

Un romanzo incline verso il reale, si diceva. Ma il modo in cui il protagonista osserva la sua vita, passata e presente, ha qualcosa di poco terreno: « La zia subacquea- prosegue Carabba – è nato come un romanzo in cui il protagonista pensa di avere poteri paranormali, seppure tenui. Poi mi è stato fatto notare che di questi poteri non c’è traccia, anche se per me eccome se ci sono: e non sono solo le sue capacità di sentire la voci, ma il potere della dimenticanza o quello di sconfiggere gli incubi ». O di rapportarsi con una famiglia insolita, rumorosa, dilagante: «La famiglia — mia e del protagonista — è un luogo soprattutto maschile, fatta di uomini burberi sì, ma dai grandissimi racconti. E dalle personalità fortemente reattive, capaci di rispondere in modo spropositato ad un semplice buongiorno. Una famiglia che è un turbinare d’energie, non certo indifferente e apatica, attraversata da tempeste psichiche stimolanti. Sia chiaro: io provo amore per tutti i personaggi. Quando prevale l’aspetto fantastico puoi essere severo, ma se ti rifai al reale, c’è una maggiore necessità di cautela e di delicatezza».

Fin dal titolo, anche in questo romanzo torna forte il tema dell’acqua, che dalla vita (l’autore è appassionatissimo di immersioni) dilaga nella letteratura: «Io tendo a scordarmi quasi tutto – confessa Carabba – ma non i fondali che ho esplorato. Jung diceva che ognuno di noi ha un ricordo remoto da cui inizia la vita, in quel momento già molto complessa. Io aggiungo che quel ricordo deve saldarsi per forza con qualcosa che c’era prima e che, per quanto mi riguarda, doveva essere per forza acquatico».