di Enzo Fileno Carabba
Attila, il “flagello di Dio”, sinonimo di devastazione, diversità ostile, male assoluto. Gli Unni, guidati da lui, sono stati spesso descritti come mostri feroci, dotati di poteri demoniaci, animati da un terrificante desiderio di morte. I racconti dei Romani sembrano descrizioni di un’invasione aliena: esseri con cui è impossibile comunicare. Madri che sfregiano i figli appena nati perché conoscano il sapore del sangue prima di quello del latte, condottieri che fanno il bagno nell’olio bollente. La propaganda romana ha attraversato i secoli ed è arrivata fino a noi.
Eppure Attila – il mostro venuto da lontano – in realtà passò la propria giovinezza a Roma. Mentre Flavio Ezio, il suo grande nemico, l’ “ultimo dei romani”, da ragazzo trascorse molti anni presso i barbari. Qualcosa non torna. Del resto, nelle leggende nordiche Attila è un sovrano benevolo. Qual è la verità? Il V secolo d.C. è un periodo tempestoso, enigmatico e decisivo. Guerre. Imperi che si disgregano. Migrazioni di popoli che, come onde inarrestabili, si spingono a vicenda modificando l’assetto del mondo conosciuto. Paura. Quel tempo è anche il nostro tempo.