Incasinati divertissement per Jakob

di Ermanno Paccagnini

Non voglio negare che in questo Jacob Pesciolini di Enzo Fileno Carabba (Premio Calvino 1991 per l’inedito) si nasconda un qualche significato profondo: e del resto l’ultimo capitolo “La fine” ci prova in questo senso, con talune sovraccumulazioni che, proprio mentre da un lato chiudono anche con un senso narrativo la storia instaurando un explicit circolare col “Prologo” quanto a situazioni, dall’altro tradiscono un poco quello che mi era parso lo spirito del racconto. E’ che, senza nulla voler togliere all’autore quanto a volontà di significazione, questo racconto strano mi piace vederlo scritto all’insegna del divertissement. A dire il vero, il termine giusto potrebbe essere: “incasinato”; ma detto con simpatia (a cominciare, magari, da quel nome in copertina, frontespizio e retro che graficamento non ha riscontro col testo, ove il protagonista è invece sempre detto Jakob). Incasinato nel senso che il gioco dell’autore è indirizzato al più (almeno apparentemente) anarchico degli impasti.

Il contenuto innanzitutto: che vede Jacob Pesciolini alle prese con un killer sconosciuto, da lui stesso assoldato per ucciderlo perché incapace di morire per propria mano coi suoi fantasiosi tentativi di suicidio; salvo pentirsene e far un contratto per fermarlo (omicidio o suicidio, visto che il killer ammazza se stesso?); per poi passare, via retrospezione, alle vicende dell’undicenne protagonista figlio di nessuno perché ha avuto solo fratelli, adottato e catapultato nelle più strane situazioni (non manca un omicidio; uno strano carcere riparatore che pare più una situazione onirica che reale e nel quale il protagonista si laurea, trasformandosi in professore; l’amore per la grassa Adel-Cunegonda, che finisce male: sacrificio di sé per salvare lui, come nel racconto, o assassinio commesso da questo poco-Candido per sopravvivenza, se non per gelosia, come emergerebbe dall’incubo finale del suicidio cosmico tramite orbitazione intorno alla Terra che non è Terra e in compagnia dell’ossessivo pesciolino giallo?; e così via). Sino al cuore del racconto: l’avventura per rendere a scopo turistico una fetta d’Antartide una enorme granita di limone, tramite irrorazione dal cielo: con conseguente ricchezza, perdita di tutti i compagni, tranne il pesciolino-ossessione, e la ricordata brama del suicidio. Un racconto che, detto così, ha pure un senso: mentre alla lettura le cose si complicano in una marea di situazioni fantastiche dai risvolti assurdi e tragicomici, proprio per via di pot-pourri. Carabba racconta impastando tutta una serie di materiali taluni immediatamente riconoscibili e altri meno, situazioni librarie o filmiche e altro ancora: per cui si vivono viaggi sotterranei che disturbano popoli di nani (peraltro tecnicamente efficienti) ma anche avventure mentali in cui è il cervello a popolarsi di immagini da Alice nel paese delle meraviglie in accezione da incubo: scene da Frankenstein si succedono ad altre in cui la dimensione privilegiata è l’assurdo di matrice kafkiana che talora si “riposa” nel non meno assurdo umorismo di matrice ebraica; scene da Ende si integrano con espressioni onomatopeiche da fumetto, così come personaggi da Bruegel il Vecchio si danno il cambio con altri alla Chagall, per non dire anche di ecatombi ecologiche (pesci e pescecani; ma anche il popolo sommerso) che la realtà odierna offre incessantemente. 

Cosi per lo stile: con salti, mutamenti di ritmo, neologismi fantasiosi, passaggi da toni alti a espressioni gergali o da racconto parlato, senza necessariamente tener conto dei trascorrimenti o dei punti di vista in cui il racconto si articola, non escluso uno strano io narrante che fa inizialmente capolino come altro dal protagonista e poi scompare. Certo, non tutto funziona: in più d’un caso i fili risultano scoperti e la volontà di stupire si fa evidente. Lo stesso dicasi sul piano della espressione linguistica, oltre che della struttura. Ma il libro resta interessante e incuriosente: la baldanzosità delle ossessioni e delle  allucinazioni fa breccia tra le sue componenti di tragico e assurdo quotidiano. E resta infine l’attesa per verificare quale strada Carabba imboccherà in futuro.

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